L’omofobia non esiste.
Basta fare le vittime! Il concetto è chiaro, ce lo dicono ogni giorno.
La violenza contro le persone GLBT è un’invenzione delle lobby gay che detengono il potere a livello internazionale e influenzano la politica (soprattutto quella italiana), cercano di sovvertire l’ordine “naturale” delle cose, si inventano questioni di genere e avanzano inconcepibili richieste di uguaglianza.
L’omofobia è un mezzo, una parola, un modo che le minoranze sessuali hanno per mettere in mostra la propria diversità, per voler apparire a tutti i costi come categoria da tutelare. Se passassero leggi contro l’omofobia si creerebbe un precedente pericoloso. Poi vorrebbero essere difese anche le donne. Per esempio. E magari anche le persone extracomunitarie. O gli ebrei. Per non parlare delle persone “diversamente abili”.
L’omofobia è una ignobile invenzione per proibire a chi detiene la verità religiosa di curare questi poveri malati, è un tentativo, da parte delle lobby omosessuali, di fermare terapie che associazioni piene di buoni propositi vogliono imporre alle comunità GLBT. È un modo per zittire la ragione, per mettere il bavaglio ai cattolici e alla chiesa.
L’omofobia è, quindi, un’invenzione.
Dovrebbero saperlo le famiglie di Jamey Rodemeyer o di Kameron Jacobsen, i due ragazzi quattordicenni che, a distanza di poche settimane l’uno dall’altro, estenuati e sfiniti dalle offese e dalla violenza omofoba dei compagni, hanno deciso di farla finita suicidandosi. Lo sanno bene, che non esiste l’omofobia, lo sanno i genitori di Matthew Shepard il ragazzo che, nel 1998, venne derubato e torturato perché omosessuale. Morì dopo cinque giorni. Al suo processo e al funerale c’erano uomini e donne della Westboro Baptist Church guidati dal pastore Fred Phelps con cartelli che dicevano: “Dio odia i gay” e “Matt all’inferno”.
L’omofobia non esiste. Non esiste nelle scuole, non esiste nella società, non esiste nei posti di lavoro.
Matteo a 16 anni, nel 2007, decide che volare giù da una finestra è meglio che continuare a subire le angherie degli amici. Gli danno del frocio, gli dicono che è come “quello” del grande fratello , che gli piacciono i gay. Non è importante che sia davvero omosessuale o no. L’omosessualità, anche in questo paese, è una macchia indelebile. Per portarla ci vuole forza e consapevolezza. Ma se sei una persona fragile e la società te la fa vivere come una vergogna allora anche un salto dall’ultimo piano di un palazzo può apparire come una liberazione . La preside negò atti di omofobia, la procura le diede ragione.
L’omofobia, ancora una volta, non esiste.
2004, Viterbo, Italia. Tre uomini cospargono di benzina un ragazzo albanese accusato di essere gay e gli danno fuoco. 2011 Ayshire, Scozia, Stuart Walker un ragazzo di 28 anni viene legato a un lampione, picchiato e dato alle fiamme in quanto omosessuale.
2011 Samuel Bvrinton, ragazzo omosessuale sottoposto a “terapia riparativa”, torture di vario tipo e poi finito all’ospedale a causa delle percosse del padre missionario della chiesa battista dello Iowa.
Insomma basta guardarci intorno per capire che l’omofobia non esiste.
Come, non esistono, ignoranza, pregiudizi, violenza ed estremismo.
Un mondo perfetto.
Soprattutto per le persone GLBT.
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